FAVIGNANA

Favignana è l’isola più grande dell’arcipelago delle Egadi. A poche miglia dalla costa nord-occidentale della Sicilia, nella Provincia di Trapani.

L’isola ha una forma particolare che se vista dall’alto sembra una farfalla adagiata sul mare. Infatti, è formata dalle due zone pianeggianti, divise da un ampio corpo montuoso di natura calcarea.

Il nome attuale dell’isola risale al medioevo, pare derivi dal nome di un vento caldo proveniente da ovest, il Favonio, che batte spesso le coste (in parte sabbiose, in gran parte rocciose) di Favignana.                                                                                

La pesca del tonno (per lungo tempo fonte primaria di sostentamento per gran parte degli abitanti dell’isola) abbia radici antichissime sull’isola, il suo massimo sviluppo si fa coincidere con la presenza sull’isola della celebre famiglia dei Florio (di origine calabrese), che furono praticamente i padroni di Favignana a partire dal 1874. Si deve a questa ricca famiglia di mercanti, infatti, il merito di avere potenziato le tonnare (gli stabilimenti nei quali avveniva la lavorazione e conservazione del tonno), oltre alla costruzione di una elegante e villa in stile liberty, capolavoro dell’architetto Damiani Almeyda. Ma Favignana è famosa anche per le sue cave di tufo (in realtà si tratta di una calcarenite e non una roccia di origine vulcanica come il vero tufo), per i pittoreschi “giardini ipogei” e per i fondali amati dai sub e ricchi di tesori naturalistici ed archeologici

Si tratta di un piccolo angolo di paradiso, che conserva il suo grande fascino in ogni stagione dell’anno, ma che certamente a partire dalla primavera e per tutta la stagione estiva, fino a settembre inoltrata è meta ambita di tantissimi amanti del mare. Una natura selvaggia e aspra, un mare limpido e incontaminato, tradizioni antiche, un passato glorioso legato ai fasti della famiglia Florio e alle gloriose tonnare, attive fino a qualche decina di anni fa: tutto questo è Favignana.

Per tutti questi motivi, oltre che per la generosa ospitalità dei suoi abitanti e per l’ottima cucina locale, Favignana merita una visita.

LEVANZO

L‘isola di Levanzo affonda le sue origini nella preistoria, come dimostrano i ritrovamenti all’interno della Grotta del Genovese risalenti al paleolitico. In questo periodo storico Levanzo era unita a Favignana da un lembo di terra emersa. Nel 6000 a.c. con l’innalzarsi del livello del mare le popolazioni primitive che non conoscevano l’arte della navigazione si estinsero e gli unici abitanti che rimasero a popolare l’isola furono i piccoli mammiferi e gli uccelli.

I popoli che si avvicendarono in queste terre furono i Sicani, poi i Siculi, poi ancora i Fenici. Ai Fenici seguirono i Cumani, corsari e pirati del mare. Furono gli ateniesi a liberare le isole dai Cumani nel 415 a.c. Nel 404 a.c fu il turno dei Cartaginesi che invasero la Sicilia sotto il comando di Annibale Giscone.

Dopo un secolo e mezzo di dominazione cartaginese e le seguenti guerre puniche, nel 241 a.c. la Sicilia e così anche Levanzo e l’intero arcipelago delle Egadi venne conquistata dai Romani che governarono su queste terre per cinque secoli. Con la caduta dell’Impero Romano d’occidente le isole divennero terra dei Vandali, nel 440, seguirono i Bizantini, scacciati dai Saraceni nel 827 i quali governarono per diversi anni.

Dopo i Saraceni si susseguirono: Svevi, Angioini e gli Spagnoli. Durante la dominazione di questi ultimi le isole conobbero anni molto bui. I saccheggiamenti da parte dei pirati erano all’ordine del giorno e la popolazione per sfuggire fu costretta a nascondersi nelle grotte. Nel 1637 gli spagnoli ormai in bancarotta si videro costretti a lasciare l’arcipelago e a cederlo al marchese di Genova Pallavicino. Così per le Egadi iniziò pian piano un periodo di leggero ma continuo progresso.

Tra la metà e la fine dell’800 le isole conobbero un clima di pace e benessere portato dall’arrivo della famiglia Florio. Le grotte vennero definitivamente abbandonate e gli abitanti si trasferirono definitivamente nei centri abitati. I Florio contribuirono ad una notevole crescita economica basata sulla pesca dei tonni con il sistema delle tonnare, che videro il loro centro a Favignana, ma il distretto si distribuì in tutto l’arcipelago. 

Durante il ventennio fascista l’arcipelago venne utilizzato come luogo di confino per gli avversari politici. Nel secondo conflitto mondiale, vista la posizione strategica, venero costruite delle fortificazioni militari per il controllo del mare. Alcune di queste oggi sono ancora presenti a Favignana.

Marettimo

MARETTIMO

Citata dall’autore greco Polibio (203-120 a.C.) col nome di Hierà Nèsos (Isola Sacra), Marèttimo entrò nei libri di storia in seguito alla battaglia delle Egadi del 10 marzo del 241 a.C., che pose fine alla prima guerra punica. Guerra dove I cartaginesi furono nettamente sconfitti ed ebbero 50 navi affondate. I romani catturarono inoltre 70 navi e fecero 10.000 prigionieri. L’armistizio tra romani e cartaginesi fu firmato nella stessa Marèttimo, che rimarcò così un’antica vocazione alla sacralità e alla tregua tra popoli diversi.

Dopo la prima guerra punica i romani non abbandonarono del tutto Marèttimo; attorno al 150 a.C. costruirono un presidio militare che controllava la rotta tra Capo Bon (Tunisia) e Roma. Il complesso monumentale noto come Case Romane, che si trova a monte del paese, a quota 250 metri circa, è costruito in opus quasi reticulatum, conservato in elevato fino all’altezza dell’imposta delle volte di copertura, con una cisterna oggi inglobata all’interno di una costruzione rurale. Esso presenta anche strutture del IV secolo d.C., riconducibili a un antico culto delle acque. Alla fine del periodo romano Marìtima, così nominata in una carta imperiale del III secolo d.C., segue le sorti della Sicilia: invasa dai vandali e quindi riportata nella sfera d’influenza greca con la conquista bizantina del 535 da parte del generale Belisario. Comincia la frequentazione di Marèttimo da parte dei monaci di San Basilio, con cenobio (convento) presso la chiesa greca di Santa Sofia di Trapani, che fanno delle Case Romane un luogo di romitaggio.

Nel giugno dell’827, un’armata musulmana di 10.000 uomini e 700 cavalli partì da Susa, in Tunisia, per sbarcare a Mazara, i saraceni avevano già stabilito da decenni basi nelle Egadi per le loro incursioni contro la terraferma. Ed è probabilmente di quel periodo la costruzione di una torre di avvistamento saracena sul promontorio di Punta Troia.

Nel 1637 la Corona spagnola, in bancarotta per le continue guerre, cedette l’arcipelago delle Egadi al marchese Pallavicino di Genova per pagare un debito di 500.000 scudi.

Nel 1651, al largo tra Marèttimo e Lèvanzo, verso nord-est, venne trovato un grosso banco di coralli, e l’isola ospitò le barche dei corallari trapanesi, che passavano la notte allo Scalo Maestro, sotto la protezione della guarnigione del Castello di Punta Troia.

Nel 1844 il re Ferdinando II, dopo averlo ispezionato, abolì il Castello. Insieme cadde in rovina la vicina chiesetta dedicata a Sant’Anna e la cappelletta dedicata a Maria SS. delle Grazie, unico luogo sino a quel momento in cui i marettimari potevano ricevere i sacramenti.

A metà Ottocento gli abitanti di Marèttimo lasciarono le grotte e cominciarono a costruire le loro casette di tufo. I Florio, con le loro iniziative, stavano facendo rifiorire le Egadi con le tonnare e la coltivazione dei campi, ma per Marèttimo ciò non bastò: le condizioni della comunità marettimara erano tali che cominciò, inarrestabile, il flusso migratorio verso il Nord Africa, il Portogallo e, successivamente, le Americhe.

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